MA CHE NE SAI SE NON HAI VISTO GLI 8 BIT!

Ed è vero accidenti!
Faccio parte della generazione che è partita con l’Atari ed è arrivata alle console attuali, passando dagli 8 ai 16 ed ai 32 bit nel giro di pochi anni e stupendomi ogni volta come un bambino, malgrado gli anni avanzassero.
La prima home console l’ho avuta che ero già grande, alle medie, ed è stata la Super Nintendo con la cartuccia di Super Mario Bros. All Stars di default, un grande classico per il quale sono malato. Mio padre me l’aveva regalata dopo anni di insistenze e sperpetui, ponendomi una sola clausola; niente giochi di combattimento!
Il primo gioco che ho acquistato è stato Street Fighter II Turbo.


Sì perché non era possibile che me ne tenessi lontano, davvero. Dopo il colpo di fulmine nell’ormai lontano 1994 con il cabinato di Street Fighter II al villaggio vacanze presso il quale passavo tutte le mie estati, non ho mai smesso di emozionarmi al suono di quelle musiche sintetiche e i giochi picchiaduro sono entrati nel mio cuore ed hanno contribuito a formare il mio immaginario.
King of Fighters, Final Fight, Captain Commando e tutti gli altri, era una ricerca folle nelle peggiori sale giochi di Napoli e provincia, rischiando continuamente la pelle, sfidando corpulenti ex-galeotti o mingherlini tossicodipendenti. Eh sì, così erano le sale giochi, c’è poco da fare, fiesta grande!
Credo fermamente che in quegli anni sia entrato in me il germe, ad un livello puramente embrionale, dell’idea di The Kabuki Fight.


Pensavo che mi sarebbe piaciuto moltissimo creare un mio personalissimo Street Fighter e l’idea, in linea generale, nacque in tempi non sospetti.
Durante una Lucca Comics and Games di molti anni fa parlai ad un amico e collega di questa mia idea di scrivere una storia che avesse come sfondo il teatro Kabuki, in seguito riflettendo su questo pensai che la storia avrebbe potuto evolversi in un torneo di arti marziali. Perché sì, diciamolo, il torneo di arti marziali fa sempre tanto figo, non per niente Akira Toriyama ci ha costruito sopra un impero!
Da qui, però, una pausa lunga anni ed anni.
Intanto rimanevano, si assopivano, ritornavano a singhiozzo per poi riassopirsi  ancora nella mia mente le vecchie sensazioni date dai quei giochi a pochi bit.
A parte gli arcade nelle sale giochi avevo l’opportunità di giocare a casa di amici, sui loro Commodore, Amiga o Sega Megadrive quindi il ricordo di quei giochi, colorati e psichedelici, era strettamente legato a momenti goliardici o di sano antagonismo, dunque indimenticabili.
Psichedelici, sì, è il termine giusto! C’erano giochi che rasentavano l’assurdo, davvero. Non essendo realistici per propria natura, non avevano la pretesa di rendere tutto credibile e ciò dava loro l’occasione di spaziare in mondi folli, spesso rubando a piene mani dall‘immaginario di H.R. Giger, vedi giochi come Gynoug o Chakan, deliri avventurosi e lunghissimi, tra demoni mutanti con polmoni penzolanti o mutilati orrendamente e musichette angoscianti che Dario Argento levete proprio!
E poi la difficoltà!
Diavolo, in quei giochi tutto poteva ucciderti, persino i fondali. Se malauguratamente urtavi un pezzo del fondale eri finito, e ovviamente ti capitava spesso di urtarli perché intanto dovevi scansare palle di fuoco volanti, mostri cannibali volanti, spade volanti e chi più ne ha più ne metta, basta che sia volante.
In questi contesti e con queste premesse, l’immaginario di un ragazzino di 9, 10 o 11 anni spiccava il volo (assieme a spade, palle di fuoco ecc ecc) e rimaneva in aria, nello spazio sterminato della mente, a crescere e svilupparsi, fino a creare il ventisettenne che in una sera di Novembre pensa “Oh ma quell’idea del Kabuki e del torneo…?”
Così, riprendendo in mano dei character design realizzati per un progetto naufragato, venne fuori Kabuki. Eh sì, si chiamava solo Kabuki inizialmente.
Il titolo completo, The Kabuki Fight, è nato in seguito per questioni legate a necessità editoriali.
E il sottotitolo Alpha?



Niente di più facile, ha diverse motivazioni; il termine alpha è utilizzato per indicare qualcosa che è all’inizio, l’inizio della storia in questo caso, in più è stato utilizzato molte volte per indicare l’inizio di una qualche saga fumettistica, come ad esempio X-Men L’Era di Apocalisse Alpha o X-Men: Onslaught Alpha, quindi faceva molto comics americani. Poi il motivo più palese, ovvero Street Fighter Alpha, serie di videogame di generazione posteriore ai primi titoli del fortunato picchiaduro, che racconta, in linea di massima, le vicende precedenti alla storia narrata nel primo Street Fighter. Ci è sembrato più che logico che il sottotitolo del primo volume di The Kabuki Fight fosse questo.
Durante la lavorazione del primo volume mi capitò l’occasione di pubblicare un piccolo albo, nel classico formato delle strips, con un’associazione di cui sono un grande sostenitore, ALT! Associazione Lettori Torresi. Sfruttai l’occasione per mettere in scena un prequel, molto sintetico, che raccontasse in qualche modo il background del personaggio di Meiyo, la giapponese tutta onore e disciplina. L’idea piacque molto a Luca Frigerio, che mi diede subito il suo benestare e da qui nacque Kabuki-Emblemi, primo vero esordio dei miei personaggi su carta!
Il lavoro su Emblemi mi diede l’occasione di sperimentare una serie di cose e di mettere in piedi un’associazione a delinquere nella quale la mia fidanzata faceva i lettering e mi aiutava a sfoltire il grosso del lavoro. Era curioso vedere me che lavoravo al tavolo da disegno e lei che, al computer e con un enorme plaid arrotolato addosso, inseriva balloon e parole nelle vignette che con tanta fatica erano venute fuori.
L’avventura di The Kabuki Fight è una cosa ai limiti della goduria fisica, perché ogni volta che metto su carta un’idea è come tornare indietro, in quelle camerette di amici nerd o in quelle puzzolenti bettole piene di cabinati e sfaccendati!
Solo che non devo stare attento al tossico di turno, stavolta.
Il che è un bene.

O no?

VINCENZO VISKA FEDERICI (Autore di "The Kabuki Fight - Alpha")

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